I teggianesi nel corso degli ultimi secoli si son sempre rivolti a San Cono (per intercedere), con le loro preghiere, nei momenti di maggiore pericolo, lo si vide nel 1857, quando, nella notte tra il 16 e il 17 dicembre, nel Vallo di Diano si scatenò un terribile terremoto che portò distruzione e morte, causando molte vittime in tutta la Lucania Storica. A Diano (Teggiano), come se una mano lo proteggesse, niente di tutto questo avvenne, soltanto danni ad edifici e monumenti in particolare subirono lesioni la Cattedrale e il Seggio della città.
La mattina dopo il terremoto i dianesi, temendo che si verificassero repliche del terribile evento, eressero in piazza Portello un “altare portatile” sul quale collocarono la statua lignea di San Cono scolpita da Domenico Di Venuta nel 1714. Un evento eccezionale avvenne proprio nella notte successiva, come descritto e certificato dai notai dell’epoca Cono Carrano e Paolo Matera, dalla scarpa del piede sinistro sgorgò, per tre volte, una stilla di manna che fu asciugata ogni volta con un panno di lino.
Contemporaneamente fu costituito un comitato per la raccolta di offerte (danaro e oggetti d’oro) per la costruzione di un Obelisco che ricordasse ai posteri l’azione taumaturgica del loro protettore durante l’evento sismico.
Un altro decisivo contributo all’affermazione del culto di San Cono è fornito dal canonico teggianese Stefano Macchiaroli, il quale nella sua monografia su “Diano e l’omonima sua Valle” (Napoli 1868), inserisce in appendice due vite di San Cono scritte in latino, rivelandone la provenienza: la prima e tratta dagli “Acta Sanctorum”; la seconda, egli afferma, da un’antica pergamena di Diano. Segue, nella stessa Appendice, un “Discorso in lode di San Cono”, che è un lungo e appassionato panegirico tenuto dallo stesso Macchiaroli nel Duomo di Diano. Si giunge così al 1871, anno in cui la Sacra Congregazione dei Riti, per istanza del Vescovo di Teggiano Mons. Domenico Fanelli, conferma solennemente il culto reso “ab immemorabili” a San Cono.
Pio IX ratifica e conferma il Rescritto della Sacra Congregazione, proclamando la santità del Protettore di Teggiano.
Questo ambito riconoscimento rafforza il culto di San Cono e suscita nuove iniziative in onore del Santo, tra cui quella di portare a compimento la costruzione dell’Obelisco sormontato dalla statua. A sbloccare la situazione e a far riprendere i lavori sono soprattutto le continue e decisive offerte inviate dai teggianesi emigrati Oltreoceano.
Nel 1882 viene richiamato da Padula il costruttore Trotta per completare l’opera. Ma i costi erano aumentati e il reperimento dei fondi fu sempre difficile, tanto che ci fu bisogno di attendere altri cinque anni per la fine dei lavori.
Finalmente trent’anni dopo il terribile terremoto, il 3 giugno 1887, giorno della festa patronale, si ebbe l’inaugurazione del monumentale Obelisco sul quale svetta la statua bronzea di San Cono fatta eseguire in una fonderia di Napoli. Un manifesto affisso per celebrare il fausto evento, giunto a noi attraverso le carte dell’Archivio Carrano di Teggiano, ha permesso di rendersi conto del giubilo e del fervore religioso con cui la comunità teggianese celebrò quel grande evento.
ll culto di San Cono ispirò tanti artisti tra cui il grande poeta dialettale, Nicola Marmo di San Rufo, figlio di una nobildonna teggianese, (Teresa Celio) che compose vari poemetti in dialetto teggianese fra cui spicca “La storia ri Santu Conu” che è l’opera più importante della letteratura dialettale ottocentesca del Vallo di Diano, non più ristampata da decenni, ma ancor viva nella tradizione orale di Teggiano, infatti essa ha rappresentato e rappresenta la definitiva codificazione popolare di un culto plurisecolare.
Dal 1857, in ringraziamento a San Cono che salvò la città dalla catastrofe, tutti gli anni ininterrottamente, si accende il Grande Falò nello stesso luogo in cui la gente, come allora, trascorre la serata in serenità e allegria in ricordo del patrocinio di San Cono verso la Sua città, così i teggianesi hanno chiamato questa festa di dicembre “San Cono di Penitenza con il cappuccio”, per non dimenticare.
La memoria di San Cono nella storia passata, per i Teggianesi, è stata e sarà una presenza viva a cui sentono di potersi affidare, e di poter affrontare, con la sua intercessione, tutte le difficoltà della vita.
Grazie Lucia per il commento. Ho fatto questo articolo perchè il falò ha una storia, una tradizione, un ringraziamento e sopratutto per non dimenticare. Il falò si fa sotto l’obelisco perchè quello è il punto in cui ci fu il grande miracolo della manna .
Di Nuovo grazie e ti auguro un buon Natale e un felice anno nuovo a te e a tuo marito
San Cono è sempre presente nel cuore dei Teggianesi, anche di coloro che vivono lontano. In occasione delle tre ricorrenze, compatibilmente con i propri impegni lavorativi, si cerca sempre di essere a Teggiano, ma se si è impossibilitati, in quei giorni San Cono lo si sente comunque vicino, e non solo allora, ma ci si affida al caro Santo ogni volta che la vita ci pone di fronte ad un problema da risolvere!