Teggiano ha da poco festeggiato i 300 anni dalla realizzazione della statua di San Cono Confessore, opera di Domenico Di Venuta, artista napoletano di fama e contemporaneo del ben più noto Giacomo Colombo.
Un culto che ha radici plurisecolari ed una confermazione a voce di popolo ben consolidata, se lo stesso simulacro fu scolpito più di un secolo prima della canonizzazione del santo cittadino. Al processo canonico per l’elevazione all’onore degli altari di San Cono, concorse, unico al di fuori della storia teggianese, un documento che comprovava il culto al benedettino tributato nel paese di Sant’Arsenio, ab immemorabili. E’ da dire che il paese valdianese di Sant’Arsenio è sempre stato un casale dello Stato di Diano, fino all’eversione della feudalità, ma qui più che altrove, fu tributato un particolare culto al patrono di Teggiano, tale da divenirne strumento indispensabile alla causa di canonizzazione stessa.
Nell’anno 1136, secondo il documento di donazione del casale di Sant’Arsenio, da Silvestro Guarna, alla Badia di Cava, esisteva già un luogo di culto dedicato a San Cono, ma probabilmente la stessa figura non era il cittadino dianense, bensì un altro santo, al quale erano devoti i monaci italo-greci, fondatori del casale stesso.
Col passare del tempo il culto al santo orientale venne fuso – e poi confuso – con quello al benedettino originario di Diano, finendo per esserne quest’ultimo, titolare a pieno diritto del tributo di devozione del clero e del popolo.
Il documento* che attestò il culto pubblico ed ecclesiastico in Sant’Arsenio è il seguente: “Da noi qui sottoscritti Arciprete e Sacerdote del Clero della Terra di S. Arsenio, diocesi di Cavo e da noi Sindaco ed Eletti al reggimento della Università della medesima Terra, in Valle di Diana Provincia di Salerno, si fa piena, vera reale ed indubitata fede, anche con giuramento da presentarsi tam in judiciis quam extra, ed alla presenza di qualunque persona graduata in Dignità Ecclesiastica o Laicale etc.: come ab immemorabili fu eretta fuori l’abitato di questa predetta Terra una Cappella al Glorioso S. Vito, ed in essa anche ab immemorabili fu eretto l’Altare sotto il titolo del Glorioso Beato Cono Religioso Benedettino e Patrizio della Città di Diana morto da più di centinaja di anni nel Convento che in quel tempo era in Cadossa nel detto Vallo di Diana, pertinenza di Casa-luccovo, e poi miracolosamente nell’anno mille duecento sessantuno trasferito il suo Corpo in detta Città di Diana e collocato nella Chiesa Matrice e Collegiata di S. Maria Maggiore, come abbiamo per tradizione e fin d’allora fu eretto il già detto Altare di esso Glorioso Beato entro detta Cappella in questa nostra Patria, e perché la Cappella col’altra pred. Sono fuora dell’abitato, in tal luogo ne sortì la denominazione che presentemente anche si dice = la Terra di S. Cono = In esso altare si è sempre celebrato il S. Sagrifizio della Messa ad onore di d. Beato Cono, e nel dì tre Giugno di ogni anno se ci è solennizzata la sua Festività con pompa devozione e concorso di Cittadini, anzi sempre e negli anni correnti ancora in questa nostra Patria vi sono stati è vi sono molti che si sono chiamati e si chiamano di nome Cono. Attestiamo ancora come nel suddetto dì tre Giugno ed a ventisette Settembre di ogni anno si celebra la sua festività in detta Città di Diana con gran pompa e solennità e vi concorre gran moltitudine di popolo da con vicini paesi e da questa Patria ancora, siccome sempre ci è concorsa con grandissima devozione a venerare il Sacro Deposito di detto Beato; ad intercessione del quale sonosi ottenute molte grazie e miracoli da S.D.M. che è quanto su di ciò potemo deponere ed attestare de Causa scientiae, e per tradizione e però avemo ordinato se ne fosse scritta la presente, l’avemo sottoscritta di nostre mani, e l’avemo munita rispettivamente de’ suggelli di esso Clero ed Università. In S. Arsenio diciotto Gennaro mille settecento quarantanove”.
Seguono i nomi dell’arciprete del tempo, don Giambattista Fella e degli eletti, del vicario foraneo e del sindaco (Arsenio Martorella), oltre alle certificazioni dei notai Carmine Macchiaroli, Carmine Pecora e Giuseppe Di Costa (di cui i primi due roganti a Sant’Arsenio), sull’autenticità delle firme e dei sigilli.
Nel Seicento il sacello dedicato a San Cono doveva essere già cadente o scomparso, se il cronista ed arciprete locale, Martio Liverta, ne segnala la presenza del solo altare, dedicato al benedettino dianense, presente però nella cappella di San Vito, insieme a quelli del titolare e di San Biagio (con l’effigie della Madonna Incoronata). Forse l’antico luogo di culto, trasmutato dalla devozione di un San Cono orientale a quella di San Cono di Teggiano, fu abbandonato perché cadente e la statua del venerato patrono benedettino, traslata nella cappella di San Vito, tal che, nel 1685, questa si appellava di “San Vito e San Cono”.
La devozione al santo di Teggiano fu comunque ben attestata tra la popolazione di Sant’Arsenio, visto che, come prima accennato, molti cittadini presero il nome di Cono, ad onore del santo, soprattutto nel Settecento, anche se è da notare che il luogo di culto (l’attuale cappella di San Vito), trovavasi lontano dal centro abitato e quindi facilmente esposta al furto sacrilego o a rifugio di briganti e uomini di malaffare.
Sul sito dell’antica cappella non abbiamo note storiche o altri indizi certi, se non il toponimo “San Cono”, che ancora inquadra il settore topografico collinare ai piedi dell’attuale località di San Vito.
*Ringrazio don Romano Tardugno, per avermi fornito copia del documento, insieme ad altri relativi alla causa di canonizzazione di San Cono Confessore.
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