La via che passava dinanzi alla Cappellina di San Cono era ed è una mulattiera; un tempo molto trafficata sia dai viandanti che dalle carovane di muli diretti solitamente in montagna, da greggi e armenti guidati al pascolo, o da altre bestie da soma indirizzate nelle varie contrade per lavori agricoli. Dell’antica via è rimasto soltanto quel tratto immutato e quasi dismesso che, partendo dall’incrocio di via Nazionale, passa dinanzi ai ruderi della Cappellina di San Cono e si congiunge al bivio che porta al Santuario della Madonna della Consolazione, sul Monte la “Difesa”.
Orbene, questo tratto di via fa parte della nostra storia, vissuta con Cadossa e delle nostre antiche tradizioni ad essa legate, secondo le quali, spesso i casalnuovesi si recavano al Monastero di Cadossa dal quale dipendevano. Infatti percorrevano quella strada che:“… qua itur Cadossam et Casalenovum” (Inventario 1372) per i continui rapporti civili, religiosi ed economici allora esistenti, durati circa quattro secoli. In seguito, dopo la loro scissione, sebbene quella frequentazione con Cadossa si diradò sempre più nel tempo, restò pur sempre una via di comunicazione importante che metteva in comunicazione Casalbuono-Montesano, passando per Cadossa, oltre che per recarsi per i lavori nei campi delle varie contrade. Passare dinanzi a quel sito sacro e particolare, faceva parte, quindi, delle nostre più antiche consuetudini.
Di là, a partire anche dalla metà circa del 1600, si percorreva quel tratto, come lo si percorre tuttora, passando proprio in corrispondenza della curva, davanti ai ruderi della Cappellina, per recarsi da e per il Santuario della SS. Vergine della Consolazione, ubicato sul monte la “Difesa”, dove anticamente si venerava ogni anno nel giorno 7 di settembre, con la discesa della statua in paese, e l’8 del giorno seguente con la sua risalita al Monte.
Ai nostri giorni invece, i festeggiamenti in onore della Santa Vergine, sono stati differiti nei giorni 8-9 e 10 dello stesso mese. Il trasferimento della sacra Immagine in paese, come di consueto, cade il 9 settembre di ogni anno, a perpetuare e rinnovare la fede e le antiche tradizioni, come un tempo, e quindi ancora una volta, da lì si passa. La processione dei fedeli che accompagna la Ss Vergine nel suo trasferimento dal Santuario nel centro urbano, si snoda lungo il tratturo che si accorda con l’andamento collinare; scende verso il basso, fiancheggia la costa del colle in pendenza piuttosto ripida (Costa di San Cono), segue le sue gobbe sino ad arrivare all’ultima voltata, detta (Voltata di San Cono) e, finalmente, l’ultimo tratto, più o meno, si snoda dritto, sino all’incrocio con la Nazionale.
Il nome di San Cono, che qualifica la costa del monte, in gergo: “Costa rə Sandə Conə”, così pure la curva: “Vutata rə Sandə Conə”, sono legati alla venerazione del Santo benedettino di Teggiano e Cadossa, dove Egli visse, operò e morì in odore di santità. San Cono nasce a Diano (Teggiano) alla fine del XI sec. e muore a circa diciotto anni. Nel 1261 avviene il ritrovamento delle Ossa di San Cono nel convento di Cadossa e vengono traslate a Diano, come festeggiamento da tradizione, il 27 settembre 1261.
La venerazione di San Cono a Casalnuovo, (così chiamata sino al Regio Decreto del 14 dicembre 1862 n°1078) dunque, era un atto pienamente dovuto e non solo per pura fede, ma anche come senso di vicinanza e vera appartenenza del Benedettino al nostro stesso territorio.
Allora Casalnuovo per onorare il Santo, con grande devozione gli edificò una cappellina (ab antiquo) proprio alla voltata, distante dall’abitato circa 200 m., dove il chiericato un tempo, oltre a celebrare i sacri riti, faceva una breve sosta per svestirsi dei paramenti sacri e per poter continuare più liberamente il pellegrinaggio in direzione di Santa Maria Assunta di Cadossa, verso cui spesso clero e popolo si recavano.
A dispetto di un tempo veramente immemorabile, ancora oggi emergono, fra le macerie, i resti delle mura perimetrali della piccola cappella. E, a ben guardare, non sfuggono all’occhio vigile di chi osserva fra i ruderi, le stinte tracce ancora individuabili di un antico colore pompeiano. I casalnuovesi per ricordare la memoria e la santità di Cono, con fede lo elessero compatrono di Casalnuovo.
A Conferma di ciò, da un antico manoscritto dell’arciprete Don Michele Calabria del 10 ottobre del 1836, in risposta alla richiesta di Mons. Antonio Sacco di Sant’Arsenio, si riporta: «Nella chiesa e nella parrocchia troviamo venerato, come protettore S. Antero martire, di cui conserviamo insigni relequie, una con quelle di S. Alfonso, anche martire, forse martire battezzato, del che niuna notizia abbiamo, come di quando avvenne il cambiamento, perché prima i protettori erano S. Cono, S. Vito e S. Biagio, ora rimasti comprotettori…».
Dunque, con la buona volontà di tutti, non sarebbe proprio il caso di ripristinare e rinverdire le antiche e buone usanze, rimettendo in piedi la diruta e antica Cappellina, cara alla memoria storica di alcune comunità del territorio?
Prof. Giovanni Novellino
0 Commenti