Nel corso della vita arriva sempre un momento in cui bisogna mettere in ordine qualcosa o cambiar casa, quello che è successo al museo di San Cono a Teggiano, che dopo circa 15 anni ha dovuto cambiare sede, trasferendosi in Largo Duomo sempre a Teggiano. Proprio durante questo spostamento per allestire la nuova sede del museo di San Cono, mi sono imbattuto in una pubblicazione del preside prof. Rocco Manzolillo, (sindaco di Teggiano per un ventennio) su San Laverio Martire, risalente (credo) al 1975, per cui ho pensato che sarebbe stato bello pubblicarla e condividerla con tutti Voi cari devoti e lettori di “LA VOCE DI SAN CONO” , visto che anche San Laverio è un martire teggianese. Buona lettura.
Cono Di Sarli
Comitato Feste
Teggiano e patria di due Santi: San Cono e San Laverio, morti entrambi in giovanissima età
La devozione verso San Cono e antica e assai viva nel cuore del popolo teggianese che ha diffuso il culto di questo Santo anche nelle lontane Americhe e in alcune regioni d’Italia.
Altrettanto non può dirsi di San Laverio. Solo oggi Teggiano sembra decisa a dissipare la cortina d’oblio che avvolge, da tanti secoli, il nome e l’opera di questo suo glorioso Figlio. Segno di questo risveglio e la istituzione della festa in onore di San Laverio, che verrà celebrata ogni anno il secondo Sabato di agosto.
Molto succinte sono le notizie che si hanno della vita di questo giovane Eroe. Tre nomi segnano le tappe del suo glorioso apostolato: Teggiano, Acerenza, Grumento.
A Teggiano, città antichissima e nobilissima, spetta l’onore di avergli dato i natali e di aver visto gli albori delle sue mirabili gesta di atleta di Cristo.
Laverio nacque dalla mobile famiglia Sergia verso la fine del III secolo dopo Cristo. Ci è stato tramandato il, nome del padre: si chiamava Achille e professava la religione pagana.
Laverio abbracciò giovanissimo il Cristianesimo e si diede subito, con zelo di neofito, a diffonderlo nella sua città natale.
Completamente ignote sono le vicende che lo condussero a predicare la religione di Cristo nella città di Acerenza. Lo zelo che Egli spiegò, predicando il Vangelo nel nuovo campo del suo apostolato, gli attirò subito l’odio e l’ira dei persecutori dei cristiani. Il prefetto della città, Agrippa, fattolo arrestare, gli comandò di sacrificare agli dei secondo gli ordini dell’imperatore Costantino non ancora convertito al cristianesimo. Essendosi Laverio categoricamente rifiutato, Agrippa lo fece battere con le verghe e, per una notte intera, tormentare col cavalletto. Dimostratisi vani, in seguito, altri tormenti messi in atto per piegare il Santo, il tiranno comandò che fosse gettato in pasto alle fiere. Ma le fiere, lungi dal nuocergli, com’e stato tramandato, gli si accovacciarono mansuete ai piedi. Il Santo dovette ammansire un leopardo che dava chiari segni di volersi scagliare contro il tiranno. Ciò nonostante, Agrippa non si diede per vinto. Fece di nuovo imprigionare Laverio e dispose che ne fosse rigorosamente vigilata la prigione.
Nella notte, tuttavia, un angelo fulgidissimo apparve a Laverio, gli spalancò le porte della prigione, senza che le guardie se ne accorgessero, e gli comandò, in nome di Dio, di recarsi a Grumento.
A Grumento, dove giunse il 14 luglio del 312, il Santo comincio subito a predicare la dottrina evangelica agli abitanti della città ancora immersi nel paganesimo.
Agrippa, furibondo per la beffa subita, sguinzagliò alla ricerca di Laverio ben trecento soldati con l’ordine di decapitarlo immediatamente qualora, ritrovato, avesse persistito nel rifiuto di sacrificare agli dei. Un delatore rivelò ai soldati il rifugio del Santo. Catturato e più volte barbaramente battuto con le verghe, Laverio, incrollabile nella fede in Cristo, fu decapitato alla presenza del popolo fuori dell’abitato di Grumento il 17 novembre del 312.
La sua anima, secondo la tradizione, fu vista volare al cielo sotto forma di bianca colomba dalle penne argentate, mentre una voce dall’alto la invitava a ricevere la corona della gloria.
La tomba del Martire divenne ben presto meta di frequenti pellegrinaggi per i molti e strepitosi miracoli che vi si verificarono. Le tristi vicende storiche delle nostre terre, dopo la caduta di Roma, fecero si che le spoglie del Santo andassero quasi completamente disperse.
Del suo corpo rimane ora soltanto un osso di un braccio, che si conserva nella chiesa a Lui dedicata nella cittadina di Tito che lo venera come suo potente Patrono.
In Teggiano esiste una piazzetta intitolata al martire Laverio: ben poca cosa per onorare un così grande Figlio! Teggiano si scuota veramente dal suo secolare torpore e collochi, nel culto interno ed esterno, San Laverio accanto a San Cono, perchè questi due fulgidi astri di santità proteggano il suo popolo, lo illuminino e lo guidino verso mete sempre più alte di cristiana civiltà.
Tratto da una pubblicazione del Preside prof. Rocco Manzolillo
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